Robert Louis Stevenson scrisse Lo strano caso del Dr. Jekyll e del signor Hyde nel 1886, in soli tre giorni, mentre combatteva la tubercolosi. La storia, nata da un sogno, si rivelò molto più di un semplice racconto dell’orrore: fu un’analisi impietosa di come la psiche umana reagisce quando cerchiamo di reprimere le parti di noi che non ci piacciono. Un vero e proprio “studio” sulle emozioni negative e sul loro impatto.
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Come abbiamo già fatto per Frankenstein, addentriamoci in questo racconto per scoprire meglio cosa ci insegna sulle emozioni.
Il Controllo che si Trasforma in Prigione
Il Dr. Jekyll incarna la rispettabilità vittoriana: medico stimato, filantropo, gentiluomo irreprensibile. Dietro questa facciata impeccabile si cela un’ossessione per il controllo emotivo che lo divora dall’interno. Jekyll non tollera i suoi impulsi più bassi, i suoi desideri, le sue pulsioni. Invece di imparare a gestirli, però, decide di eliminarli completamente.
La pozione che trasforma Jekyll in Hyde non è magia; è la rappresentazione fisica di ciò che accade quando reprimiamo troppo a lungo una parte di noi stessi. Stevenson aveva compreso qualcosa che la psicologia moderna conferma: quando neghiamo o sopprimiamo le nostre emozioni negative, queste non scompaiono. Si accumulano, si distorcono e poi esplodono in modi che non riusciamo più a controllare. Come ammette Jekyll stesso:
“La vita ci forgia così come siamo. Tutte le nostre esperienze ci formano ma, sotto questa esistenza distinta e raffinata, nel nostro animo rimaniamo ciò che eravamo una volta”
Questo meccanismo è fondamentale per capire le dinamiche psicologiche descritte nel romanzo.
Jekyll crede di poter dividere nettamente il bene dal male dentro di sé, convinto che eliminando Hyde potrà essere finalmente libero. Ma ciò che scopre è terrificante: più cerca di reprimere la sua natura oscura, più questa diventa potente e incontrollabile. Questo evidenzia i pericoli della repressione emotiva. Come scrive nella sua confessione finale: “Sopprimiamo i nostri desideri, temiamo la nostra vera natura”.
Hyde come Specchio delle Nostre Ombre
Mr. Hyde non è un personaggio casuale. È piccolo, deforme e ispira istintivamente disgusto a chiunque lo incontri. Stevenson lo descrive come qualcosa di primitivo, di animalesco. Ma Hyde non è il male assoluto: è ciò che rimane quando togliamo tutti i filtri sociali, tutta l’educazione, tutto il controllo che normalmente esercitiamo sui nostri impulsi. Rappresenta l’ombra interiore che ognuno di noi possiede.
La cosa più inquietante di Hyde è che non è completamente estraneo a Jekyll; è Jekyll stesso, ma senza freni. Quando Hyde calpesta la bambina all’inizio del racconto o quando uccide Sir Danvers Carew, non sta compiendo azioni aliene alla natura umana. Sta semplicemente agendo senza le inibizioni che normalmente ci fermano. Questo ci porta a riflettere sulla natura umana e sui suoi lati più nascosti.
Tutti abbiamo un Hyde dentro di noi. Non nel senso che siamo tutti potenziali assassini, ma nel senso che tutti abbiamo impulsi, rabbie, desideri che preferiremmo non avere. La differenza tra una persona emotivamente sana e Jekyll è che la prima impara a riconoscere e gestire questi impulsi, mentre Jekyll li nega completamente, cadendo nella trappola della soppressione delle emozioni. Come scrive nel suo racconto:
“Io stesso avevo da tempo raggiunto il punto in cui iniziai a rendermi conto della completa e primitiva dualità dell’uomo”.
L’Autocontrollo che si trasforma in Autodistruzione
Jekyll è convinto che l’autocontrollo sia tutto: deve essere sempre perfetto, sempre rispettabile, sempre controllato. Ma Stevenson ci mostra che questo tipo di autocontrollo così rigido è una forma di violenza contro se stessi. Quando ci imponiamo di essere sempre “buoni”, quando neghiamo le nostre emozioni negative, stiamo creando le condizioni per un’esplosione.
La tragedia di Jekyll è che non riesce a trovare un equilibrio. Per lui esistono solo due possibilità: il controllo assoluto o l’anarchia totale. Non concepisce la possibilità di essere umano, cioè di avere impulsi negativi e imparare a gestirli senza negarli. Questa mancanza di gestione emotiva è il cuore del suo fallimento.
Questo è evidente soprattutto nella sua relazione con la rabbia. Jekyll non si permette mai di arrabbiarsi in modo sano. Quando la rabbia emerge, lo fa sotto forma di Hyde, che è pura violenza distruttiva. Se Jekyll avesse imparato a riconoscere ed esprimere la sua rabbia in modo costruttivo, forse Hyde non sarebbe mai esistito.
La Doppia Vita Emotiva
Una delle cose più moderne del racconto di Stevenson è come rappresenta la doppia vita emotiva. Jekyll di giorno è un modello di virtù, ma di notte si trasforma in Hyde. Questa scissione riflette qualcosa che molti di noi vivono: la sensazione di dover essere una persona durante il giorno e un’altra quando nessuno ci vede.
Ma Stevenson ci mostra che questa divisione è insostenibile. Più Jekyll cerca di mantenere separate le sue due nature, più Hyde diventa potente. Alla fine, Jekyll perde completamente il controllo: si trasforma in Hyde anche senza volerlo, anche senza la pozione.
Nel suo ultimo messaggio scrive con disperazione: “Io non sono Edward Hyde, io sono il Dr. Jekyll”, ma ormai è troppo tardi.
Questo ci fa riflettere su quanto sia importante integrare le diverse parti di noi stessi. Quando neghiamo completamente un aspetto della nostra personalità, esso non scompare: diventa più forte e più pericoloso.
Cosa Possiamo Imparare dalla Trasformazione?
La storia di Jekyll e Hyde ci fa riflettere su diversi aspetti della nostra vita emotiva:
- La doppia vita emotiva è insostenibile.
Quando viviamo una vita emotiva completamente diversa in pubblico e in privato, stiamo creando una scissione che prima o poi ci esploderà in faccia. È più sano trovare modi per essere autentici anche nelle situazioni sociali. L’autenticità è cruciale per il nostro benessere. - L’importanza di riconoscere le nostre ombre.
Tutti abbiamo aspetti di noi che preferiremmo non avere: gelosia, rabbia, invidia, egoismo. Ma negarli completamente è più pericoloso che riconoscerli. Quando accettiamo di avere questi impulsi, possiamo imparare a gestirli. Quando li neghiamo, rischiamo che emergano in modi distruttivi. Questo è il primo passo verso l’accettazione delle emozioni. - Il controllo eccessivo è una forma di violenza.
Jekyll è così ossessionato dal controllo che finisce per perdere completamente il controllo. Quando ci imponiamo di essere sempre perfetti, sempre positivi, sempre controllati, stiamo creando una pressione insostenibile. È più sano imparare a gestire le nostre emozioni che cercare di eliminarle. - L’integrazione è più importante della perfezione.
Jekyll vuole essere completamente buono ma questo lo porta alla distruzione. È più sano accettare di essere umani, cioè di avere sia impulsi positivi che negativi e imparare a bilanciarli. La salute mentale deriva da questa integrazione.
La Paura dell’Autenticità
Jekyll ha paura di essere visto per quello che è veramente. Preferisce creare un alter ego mostruoso piuttosto che ammettere di avere dei difetti. Questa paura dell’autenticità è qualcosa che molti di noi riconoscono: preferiamo mostrarci perfetti piuttosto che umani.
Ma Stevenson ci mostra che questa paura ci distrugge. Jekyll diventa letteralmente un mostro perché non riesce ad accettare di essere semplicemente umano. Se avesse avuto il coraggio di mostrare le sue imperfezioni, di ammettere i suoi impulsi negativi, forse avrebbe potuto trovare un equilibrio. Superare la paura del giudizio è un passo fondamentale.
Un Racconto che ci Abita
Leggendo Dr. Jekyll e Mr. Hyde oggi, è difficile non riconoscere qualcosa di familiare. Tutti abbiamo momenti in cui ci sentiamo come Jekyll: perfettamente controllati, rispettabili, virtuosi. E tutti abbiamo momenti in cui emerge il nostro Hyde: quando perdiamo le staffe, quando diciamo cose di cui poi ci pentiamo, quando agiamo in modi che non riconosciamo come nostri.
La differenza è che la maggior parte di noi riesce a trovare un equilibrio tra queste due nature. Riconosciamo di avere impulsi negativi ma impariamo a gestirli senza negarli completamente. Jekyll non ci riesce e questo lo distrugge.
Stevenson ci ha dato un racconto che funziona come un avvertimento: quando neghiamo parti di noi stessi, quando cerchiamo di essere perfetti invece che umani, rischiamo di creare i nostri mostri personali. È meglio imparare a convivere con le nostre ombre che cercare di eliminarle.
La vera lezione di Dr. Jekyll e Mr. Hyde non è che siamo tutti potenzialmente malvagi ma che siamo tutti esseri umani. Ed essere umani significa accettare che dentro di noi convivono impulsi diversi, a volte contraddittori.